
26 Ott Respiro quindi sono (abbastanza)
O del perché proporre a un teenager il brivido della Mindfulness
Ascolta: don’t worry, be happy di Bobby Mc Ferrin
Houston, abbiamo un problema.
Mi hanno chiesto che ci fa la Mindfulness per adolescenti in Zona Nota.
La Zona è Nota perché io ci vivo da sempre, e questo comporta il non trascurabile fatto che conosco tanti e tanti mi conoscono. Moltissimi mi conoscono per il mio non trascurabile numero di figli, che hanno frequentato scuole di vario ordine e grado nel quartiere. Inesorabilmente colpita dalla sindrome di WonderMamy, pericolosa deviazione ipercinetica di WonderWoman, in queste scuole sono stata, spesso contemporaneamente, rappresentante di classe, membro adg, consigliera di istituto, cuoca, traslocatore, arbitro, donna delle pulizie e gonfiatrice di palloncini.
Tutto questo per dire che ad oggi, con tre figli di età compresa tra i 13 e i 19 anni, di figli altrui in questa fascia di età ne conosco tanti, proprio tanti. Alcuni da quando avevano due anni, e ora mi arrivano in casa col delicato passo del 47. Ed è una fortuna inestimabile quando si piazzano su uno degli sgabelli della cucina e incominciano a chiaccherare; si aprono finestre su universi paralleli e si imparano cose preziose.
Quando per la prima volta Ilaria Amadei mi ha proposto la Mindfulness per adolescenti, ho visualizzato i miei figli e le loro reazioni (non riportabili in questa sede, anche se solo per immaginazione materna); mi sono chiesta perché? Perché un adolescente dovrebbe sentire cosa si prova in una pausa di silenzio, nella consapevolezza di un respiro, nella percezione del proprio corpo nello spazio, nello stare ad occhi chiusi e immaginare? In una parola: Chissene?, in una sublime sintesi dell’adolescente medio.
E mi sono data questa risposta, giusta o sbagliata che sia: perché un adolescente è una forza immensa e non sa di esserlo.
Non sa di esserlo quando è interrogato e le informazioni nella testa non si connettono e non si trasformano in parole sensate; non sa di esserlo in una partita quando il coach urla e la palla è sempre a quei tre centimetri di troppo lontana; quando deve suonare, cantare, recitare davanti ad un pubblico e vorrebbe essere proiettato su Marte senza ritorno piuttosto che entrare in scena; quando finalmente lo invitano a una festa fighissima e si sente la brutta copia di Shreck o di Fiona.
Ora, non che la Mindfulness possa diventare lo strumento taumaturgico per trasformare l’adolescente in un bellofigo-intelligente-equilibrato-emotivamente stabile e magari anche svuota-pattumiere e rifacente-letto.
L’adolescente ha una necessità evolutiva di essere bastard inside, ma anche molto outside, mettiamoci il cuore in pace e che la Mindfulness sia pure con noi genitori.
Certo è che poter consegnare nelle loro mani il dono della consapevolezza di essere abbastanza è una bella mossa. A maggior ragione se non se l’aspettano, così non fanno in tempo a schivarla, attività in cui tutti gli adolescenti sono campioni olimpionici. Chissà, a volte nello stare qui ed ora, in silenzio, noi e loro, possono nascere anche germogli di gratitudine reciproca.
Ciao Houston. Ho la sensazione che da tempo tutti abbiano problemi con te. Prova con la Mindfulness.